Genitori e figli maschi: istruzioni per l’uso

Genitori e figli maschi: istruzioni

Lo tieni in grembo e lo sai al sicuro.
Lo senti muovere e mentre lo senti al sicuro ti senti al sicuro.
Lo guardi muovere i primi passi e lo solleveresti da terra per non farlo cadere.
Vorresti i suoi incubi per non farlo spaventare e vorresti mettere i denti al posto suo per non farlo soffrire.
Non puoi, non si può fare e non è nemmeno utile per la sua crescita. Da mamma lo sai, quando metti al mondo un bambino il tuo desiderio di proteggerlo ti camminerà al fianco e dovrai cercare di tenerlo a bada nel tentativo di non danneggiarlo e di non rendere asfittico il legame tra lui e te.
Le ansie si intersecano alle cure da quando nasce sino a quando spiccherà il volo.
Tu mamma conosci le difficoltà e i rischi, e sai bene che, anche se lo vorresti con tutte le tue forze, non esiste un bugiardino o un manuale d’istruzione per aiutarti a crescerlo.

La crescita di un figlio

La crescita di un figlio, oggi, non è certamente tra le imprese più semplici.
Fin dagli albori della psicoanalisi, la figura materna è stata spesso inquisita, valutata, monitorata e talvolta messa al rogo in quanto possibile fautrice dei mali dei figli e del mondo.
La madre, secondo il pensiero di Sigmund Freud è la prima seduttrice, la prima generatrice d’amore e di futura nostalgia per il legame speciale che la lega al figlio.
Durante i primi anni di vita, il rapporto tra madre e bambino è di tipo simbiotico e fusionale, ma poiché la presenza materna è inevitabilmente – e fortunatamente discontinua, la frustrazione che ne deriva, dovrebbe facilitare il futuro distacco da lei, favorendo la differenziazione identitaria, soprattutto se si parla di figli maschi.

Madri e figli maschi

La madre è la prima figura di riferimento e ha un ruolo determinante per la crescita di un figlio, ma utilizza differenti modelli identificativi e di crescita psico-sessuale, a seconda se trattasi di un figlio maschio o di una femmina.
La figura materna, sin dalla nascita e per tutto il percorso di vita della figlia femmina, diventa il modello da imitare, nel quale la bambina può identificarsi per carcere senza troppi strappi o fatiche.
La madre allatta, nutre e accarezza, instaura con la figlia un contatto corporeo, spesso tattile e confidenziale e condivide con lei le prime esperienze, i primi amori, tappe simboliche e determinanti per il suo sviluppo psico-fisico.
La figura materna, quando il rapporto è adeguato e sano, si pone e propone come “modello comportamentale e personologico” nel quale la bambina può identificarsi: dal trucco all’abbigliamento al modo di porgersi, di sedurre e così via.
La bambina, attraverso la madre, imparerà come diventare grande.
Il figlio maschio viene amato tanto quanto la figlia femmina, ma spesso all’interno dello stesso sentimento cambia la modalità d’amare, le verbalizzazioni e l’aspetto tattile.
La madre desidera che il figlio maschio non si adegui alla sua identità, ma ne trovi un’altra, diversa, maschile, mediante il rapporto con il genitore omologo: il padre.

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Il figlio mammone, l’eterno Peter Pan

Quante volte abbiamo sentito dire: “quest’uomo è un bamboccione, un mammone, non vuole crescere, il suo cordone ombelicale non è ancora reciso e così via”.
In effetti queste frasi contengono dei fondamenti di verità.
Talvolta, tra madre e figlio maschio si forma verosimilmente una coppia con le medesime dinamiche di accudimento, cura e amore della coppia coniugale.
Il cordone ombelicale, invece, dovrebbe recidersi presto affinché il figlio maschio diventi autonomo ed adulto; una mamma chioccia, iper-presente, iper-protettiva e sostitutiva dei bisogni del figlio, lo danneggerà e gli impedirà di crescere adeguatamente.
Il mammone è un uomo anagraficamente adulto che ha però mantenuto un rapporto intenso e soprattutto fusionale con la propria madre, improntato a tenerezza, affetto e estrema complicità.
Quest’uomo, solitamente, anche se innamorato della propria compagna, può continuare a ricercare l’approvazione della madre quando si trova a compiere una scelta, oppure, può sentire la necessità di chiederle consigli, di raccontarle della sua vita, di lamentarsi delle incomprensioni con la propria compagna e così via, mantenendo in vita e nutrendo il famigerato cordone ombelicale.
L’atteggiamento che caratterizza il mammone è mettere la propria madre su un piedistallo, idealizzarla e immaginarla sempre come l’unica donna veramente ricca di virtù morali, di verità assolute, di abilità e di saggezza.
La madre del mammone, spesso in crisi con il marito, rivede nel figlio sé stessa o il marito assente, quei tratti dell’uomo di cui si era innamorata da giovane.
Queste dinamiche la spingono a rivivere, tramite e per mezzo del figlio, alcuni momenti della propria giovinezza.
Lo scopo di questa donna (spesso inconscio) è quello di rendere il figlio debole, dipendente e soprattutto non farlo crescere per paura di essere abbandonata e di perdere la sua unica identità: quella materna.

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Il traditore seriale

Dal punto di vista psicoanalitico, il classico Don Giovanni, passa da una donna all’altra, spesso in contemporanea, senza sapere mantenere un legame longevo con l’inconscio scopo di sedurre la madre.
Il Don Giovanni è figlio di una madre assente, anaffettiva o disaffettiva.
In questi uomini si riscontrano spesso caratteristiche pregenitali e sadiche; trattasi infatti di una possibile difesa contro impulsi omosessuali inconsci.
La psicologia analitica junghiana considera il traditore seriale come una ovvia conseguenza del complesso materno irrisolto.
Il figlio maschio cerca inconsciamente in ogni partner la figura materna, ricerca non attuabile poiché nessuna donna risulta essere alla sua altezza.
Come conseguenza di una mancata separazione dalla figura materna si può andare in contro a  un complesso edipico irrisolto: se il seduttore seriale, in ogni donna, rincorre la madre, ogni uomo rappresenta il nemico mortale per eccellenza, cioè la temuta e rivale figura paterna.
Secondo la psicoanalista Melanie Klein, il famigerato Don Giovanni soffre invece di una inconscia paura, quasi panico: la paura della morte delle persone a lui care.
Tale paura potrebbe fargli vivere una condizione depressiva, ma Don Giovanni sviluppa una potente difesa, l’infedeltà.
Grazie all’infedeltà, quest’uomo prova a sé stesso che il suo unico oggetto d’amore, la madre, non è indispensabile e insostituibile, anzi lui può investire le sue energie su ben altre donne, solitamente tante.

(Freud: “Tre saggi sulla sessualità”)

Cosa dovrebbe fare la madre di un figlio maschio

Ottimale sarebbe che, come per tutte i figli, la coppia fosse sana ed empatica.
Una strategia vincente è sicuramente non screditare la figura paterna, e ovviamente viceversa.
La madre non dovrebbe mai screditare il padre, in modo tale che il figlio possa sempre interiorizzare come modello identificativo il genitore omologo per la sua crescita futura.
Le dinamiche di coppia sono sempre centrali per la crescita sana dei figli: coppie conflittuali, colleriche, caratterizzate da dinamiche di potere o sottomissione, saranno dei cattivi esempi e soprattutto manipoleranno la crescita dei figlio, tentando in maniera malsana di averli come alleati a scapito dell’altro genitore.
La figura paterna dovrebbe avere tempo, spazio e una ritrovata identità maschile, senza entrare in conflitto e competizione con quella materna.

Conclusioni

Non esiste una madre che non sbaglia mai, sarebbe impossibile, come del resto non esiste un padre perfetto.
È determinante, invece, fornire “esperienze correttive” ai propri figli, cercando di mettersi sempre in discussione, senza pudore e censura.
Spesso un buon esempio educa molto di più di un sermone.
Nei casi di madri impossibili, disturbate e disturbanti, l’unica soluzione per spezzare il legame logorante e per salvare i figli
è un possibile allontanamento da lei: fisico e psichico.
Andare via di casa e costruire una propria vita diventa indispensabile per la propria salvezza e la propria autostima.
Se non è possibile la separazione fisica a causa di mancanza di un’adeguata autonomia lavorativa ed economica, l’unica soluzione rimane quella di allontanarsi dal punto di vista psicologico, gestendo manipolazioni e possibili sensi di colpa.
Ogni esperienza e relazione, vista e vissuta da lontano, assume contorni sfumati, diventando spesso indolore; talvolta, poi, la distanza fisica, facilita la vicinanza  emozionale.

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Lavorando con coppie, amore e affettività, concludo con una riflessione, spesso confermata dalla mia esperienza clinica.
“Se un uomo ha avuto un buon rapporto con la madre, probabilmente sarà capace di stabilire un buon rapporto anche con la moglie”.

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5 Commenti. Nuovo commento

  • Condivido con Lei al 100 % le sue considerazioni.
    La radice del modello comportamentale dell’Adulto/a sta nel Bambino/a
    E nel suo rapporto con la figura Materna
    Bisogna che si abbia il coraggio di dirlo
    E le donne di assumersene la responsabilità.

    Rispondi
  • Dottoressa proprio ieri ho letto ma non rispondo oramai o dove che un ragazzo su tre ha rapporti irrazionali solti con la figura materna e quindi puo’ diventare problematici o e pericoloso il suo rapporto con l’altro sesso ( vedi il caso di Giulia di questi giorni); chiedo a lei: mi sembra una percentuale altissima! E’ possibike?

    Rispondi
    • Valeria Randone
      21 Novembre 2023 13:21

      Buongiorno ingegnere,
      diciamo che le relazioni – affettive, amorose e genitoriali – non stanno più tanto bene e le conseguenze purtroppo si leggono ogni giorno sui giornali.
      Un caro saluto

      Rispondi
  • Cristina Piluso
    22 Novembre 2023 00:50

    Buonasera Carissima
    Leggo sempre con interesse i suoi scritti.
    Sono madre di 4 figli maschi che hanno dai 19 ai 23 anni.
    Indubbiamente riconosco alcuni tratti nella sua analisi, da genitore affezionatissimo che condivide con loro la gioia del vederli crescere, studiare, amare le proprie ragazze, soffrire per amore, posso dirle che le impronte essenziali le trasmetti con il comportamento, con il non giudizio, con la riflessione.
    Loro ti studiano, ti stimano compatibilmente con i bias generazionali, ti osservano quando commenti, quando il dolore è forte ma resisti per loro. La mia speranza è che ciascun genitore sia sempre più consapevole che i figli assorbono ciò che siamo.
    È solo nostra responsabilità (dopo vengono la scuola, la società, il Papa, youtube etc) educate e responsabilizzare. Educare anche alla sofferenza e alla delusione. Speriamo di farcela!

    Rispondi
    • Valeria Randone
      22 Novembre 2023 05:45

      Grazie per il riscontro. È responsabilità di tutti noi, genitori di figli maschi e figlie femmine, far sì che non accada più quello che è successo a Giulia.
      Un caro saluto

      Rispondi

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